Vita di san leucio vescovo protettore di rocca di mezzo

Storia del Santo a cura di Don Pasquale Cocciante redatta nel 1899 e riportata nel volume del Professor Mario Arpea "Linee per una storia dell'Altipiano di Roccadimezzo" del 1964.

Chi a Ssa’ Levece n’era revenute u z’era morte u z’era perdute

“Chi a San Leucio non era tornato o era morto o si era perso” è un antico detto rocchigiano legato alla pratica delle migrazioni stagionali e della transumanza le cui origini si perdono nella notte dei tempi.  Fino a tutto il 1800 gli uomini validi della Rocca ai primi di ottobre partivano per il Tavoliere o per la Maremma, insieme alle greggi o semplicemente per prestare manodopera nelle masserie. Tornavano a giugno per la sequenza dei lavori agricoli nelle terre dell’Altipiano, per poi ripartire di nuovo. Partivano anche ragazzi giovanissimi (alcuni avevano 9 o 10 anni) “i munelli” che poi nel giorno della festa di San Leucio, per mostrare la “patente di abilità e coraggio“ acquisita fuori di casa si esibivano, durante la processione,  nelle spettacolari evoluzioni degli “strarnarde”.

L’origine del culto di San Leucio, vescovo di Brindisi, è legato proprio alla pratica di queste migrazioni stagionali, quando alcuni rocchigiani riportarono le notizie dei miracoli del santo. Una chiesa di San Leucio a Rocca di Mezzo è riportata nell’ inventario della diocesi del 1313 dove è censita come “chiesa matrice”.

La festa di San Leucio cade l’11 gennaio, ma alla Rocca, per meglio solennizzare l’evento, veniva “rimessa”, fino a una cinquantina di anni fa, alla prima domenica di luglio e ora all’ultima dello stesso mese.

In occasione della festa di San Leucio pubblichiamo, nella sezione “Antologia Rocchigiana” un manoscritto di Don Pasquale Cocciante (parroco di Rocca di Mezzo dal 1905 al 1931) sulla vita di San Leucio, riportato nel libro di Mario Arpea “Linee per una storia dell’Altipiano di Rocca di Mezzo” Ceti – Teramo 1964.

Vita di San Leucio vescovo protettore di Rocca Di Mezzo estratta dal Santuario Capuano, dal Baronio dell’Aquila e dai Bollandisti da Don Pasquale Cocciante nel 1899
Sotto l’impero di Teodosio il Grande, viveva nella città di Alessandria un uomo illustre venerabile per nome Eudecio, semplice, retto e timorato ed aveva un unico figlio per nome Eusprecio.
Avendo compiuti il fanciullo 10 anni, la madre per nome Eufrodisia morì: il padre allora, col figlio Eusprecio entrò nel monastero di Sant’Ermete e pose il giovinetto allo studio della letteratura.
Tanta grazia spirituale ricevé che in breve tutti superava nella scienza e nell’osservanza della monastica disciplina. Morto Niceta Archimandrita (o, secondo il nostro uso, il Padre Abate) Eusprecio lo fece tumulare in luogo distinto in mezzo alle fervide orazioni di tutti i monaci. Dopo pochi giorni si radunavano in concilio ed un animi elessero a loro archimandrita o abate il giovane Eusprecio, che subito ricusò, riputandosi Indegno di tale onore e ciò nella fresca età di 18 anni.
Di nuovo, dopo passati sette anni, gli fu riofferta la carica, la quale fu ricusata pavimenti con grande umiltà.

Dopo non molto tempo accade che insieme col padre Eudecio, il beato e Eusprecio si portò a visitare la chiesa di Santa Maria Santissima nel giorno della sua più grande solennità, tempio situato nei pressi del Monastero. Venne ad officiare questa Chiesa con i suoi preti e diaconi l’Arcivescovo Patriarca di Alessandria, Cleno e tutta la notte ivi si rimasero fra i canti e le salmodie glorificanti la Vergine. Quand’ecco il sonno vince Eudecio, già avanzato negli anni, e durante il sonno, Iddio in visione viene e gli predice il giorno già vicino di sua morte, e di più gli dà la lieta nuova che il suo diletto figlio Eusprecio sarà innalzato alla Dignità Episcopale e come sarà strumento di Dio per estirpare l’eresia da Brindisi, città dell’Apulia, invasa dalla eresia ariana. Queste parole si crede che il Signore a lui rivolgesse: “Oh fedelissimo Eudecio, O uomo ricolmo di decoro tu non sarai per lo innanzi nomato Eudecio; ma Eudeclio sarà il tuo nome, cioè (Mitissimo Consolatore); ed il tuo figlio che ora chiami Eusprecio per lo innanzi questo non sarà più il suo nome, bensi Leucio sarà chiamato, cioè: Ricolmo dello
spirito del Signore”.
Questa rivelazione Divina, il Padre immantinenti al figlio suo diletto rivela, nulla curando che a lui parimenti era stato annunziato prossimo il fine dei giorni. La medesima notizia si propaga presso i Monaci e quindi man mano fra il popolo di Alessandria, confermata sempre come divina dal nonagenario padre del B. Leucio.
Leucio, ordinato Sacerdote, incominciò ad accattivarsi la benevolenza dei suoi concittadini per la sua grande ed eminente santità rifulgente splendidamente in ogni suo operare. E questo affetto del popolo maggiormente crebbe alla vista dei miracoli per la fama che da ogni parte veniva.


Un ossesso, di nazione etiopica continuamente molestato dallo spirito maligno, dal nostro Santo Leucio viene immantinenti liberato. Avendo saputo che in una città di Egitto, era stato ucciso un buon numero di cittadini e venuto a cognizione che un Drago terribile infestava quella Regione lo maledisse ed allontanò per sempre carcerandolo nel profondo del mare e resuscitò da morte gli uccisi cittadini. A si grande miracolo molti Gentili ed Ebrei abbracciarono la nostra Religione.

Libera Milanna, nobile donna Alessandrina, da una idropisia avanzatissima.

Viene ordinato Corepiscopo col favore del popolo tutto dal Patriarca Alessandrino. Alcuni biografi vogliono che morto il Presule, fosse stato fatto successore, ma in ciò peccano di errore gravissimo.
Il Prefetto di Alessandria, Saturnino, attenta alla vita di S. Leucio, ma il popolo lo salva e le armi, insorgendo rivolgono contro Saturnino che a stento fuggì da questo furore popolare.

Dopo ciò egli si diparte dai suoi cari concittadini, da quel popolo che tanto lo venerava per eseguire quanto nella visione gli era stato da Dio comandato, cioè di andare a liberare i cittadini di Brindisi dall’eresia falsa ed orrenda degli Ariani
e dei Semiariani. Salì la nave con due diaconi, Eusebio e Dionisio, ed alcuni chierici e fece rotta verso l’Adriatico ove giunse dopo 15 giorni di viaggio.
Venuti a terra, immantinenti il nostro Santo diede principio alla predicazione. Non scelse un luogo nascosto, poiché la religione cattolica ormai veniva da Teodosio, rimasto solo nell’Impero, riconosciuta e professata; ed abolito e proscritto il culto pagano e chiusi i templi e confiscati i beni si dava alla Religione di Cristo la piena libertà.
Venne, dunque, a bandire la sua parola nella parte occidentale della città, prossima alla porta che menava al Grande Anfiteatro e quindi la più frequentata ed atta a richiamare gran moltitudine di popolo.
Antioco, preside della provincia della Apulia e residente in Brindisi, stimolato dalla curiosità e volendolo conoscere, manda i suoi soldati perché conducano il Santo Presule coi Sacerdoti e Diaconi e Chierici del seguito davanti alla sua presenza.
Quivi si fece a domandare al Preside a quale fede predicassero e saputo esser loro tutti credenti nella fede cattolica, risponde: “Ebbene anch’io sarò con voi, crederò nei vostri dogmi tutti, se voi comprovate coi fatti e con i miracoli la vostra predicazione. Le nostre campagne un tempo fertili rigogliose e belle, da due anni sono ora, riarse e nude e squallide e brulle attristano il cuore, e la fame serpeggia triste consigliera nella città e nei dintorni di essa”.
Il Santo Vescovo si commuove, riconosce la necessità della pioggia e si raccoglie coi suoi ministri in orazione. Ed ecco che Iddio già ha esaudita quella preghiera, la pioggia scende e tutta ravviva le campagne, riconsola gli animi abbattuti e li conduce a credere nella fede.
Antioco per primo abbracciò la nostra Religione ed il suo esempio fu seguito da molti. Si dice che 70.000 cittadini furono battezzati, ma ciò non merita pienamente fede.
Dappoiché Brindisi era una grande Città, la chiave dell’Oriente, ove affluiva tutta la grandezza di Roma e tutta l’attività commerciale per la via Appia che quivi veniva a far termine partendo dall’Urbe.
San Leucio, confermati i cittadini di Brindisi nella fede e nella dottrina, poco dopo moriva nel bacio del Signore, ripetendo quelle parole di S. Paolo Apostolo “Cursum consummavi, fidem servavi, reliquo reposita est mihi corona iustitiae, quam reddet mihi Dominus in illa die lustus Iudex…”.
Antioco Preside fece seppellire il corpo del Santo in un suo campo e quivi parimenti fece edificare una Chiesa a S. Leucio dedicata e in quella tomba molte grazie e miracoli i fedeli riceverono in ogni tempo.
Il giorno della Sua morte si commemora il di 11 gennaio. Distrutta la città di Brindisi dalle continue scorrerie dei Barbari o forse dai Saraceni arditi pirati che tutte le coste Italiane posero nella costernazione, perché le ossa del Santo ed illustre Presule non venissero profanate, uomini, religiosissimi della città di Trani le presero ed in Patria le portarono.
Poscia, venuta nelle mani dei Barbari la stessa Trani, il Conte di Benevento con grande quantità di oro riscattò il Corpo Venerabile dalle mani dei Turchi e lo portò nella sua città.
Ricostruita Trani, i cittadini reclamarono il Corpo del Santo: ma il Conte di Benevento ne restituì la metà a patto che gli si fossero reintegrati i danari dati ai Saraceni; e di ciò dai cittadini di Trani fu soddisfatto.
Anche a Brindisi furono rinviate preziose reliquie chieste ai Beneventani dal pio Vescovo orietano, di nome Teodosio.